Museo Archeologico Nazionale - Napoli
Conversazione di Ulderico Pomarici
Letture di Enzo Salomone
Musiche composte ed eseguite da Ciro Longobardi
al pianoforte digitale ed elettronica.
Rainer Maria Rilke compose nel 1904 il poemetto Orfeo Euridice Hermes, ispirato anche dal bassorilievo, su cui è scolpito il loro addio, visto una prima volta a Parigi nel 1902, e rivisto 4 anni dopo a Napoli, proprio al Museo Archeologico Nazionale. Euridice al centro della scena appare rassegnata, Orfeo inconsolabile cerca di trattenerla, Hermes con dolcezza e determinazione le impedisce di allontanarsi. La forza dei gesti per descrivere il dolore del distacco tra i due innamorati e l’ineluttabilità del loro destino. Oltre al poemetto Salomone darà voce a 6 dei 55 Sonetti a Orfeo, ad un'altro importante poema “orfico” Alcesti, e al frammento finale dal Requiem per un’amica.
Rilke è poeta da “maneggiare con cura”. L’estetismo che ammanta le sue metafore spesso maschera e vela un “senso” oggettivo, ma è proprio quel senso, che la ricerca della più giusta intonazione della voce, cerca di trovare.
Le musiche originali di Ciro Longobardi dialogheranno con il simbolismo del poeta boemo esaltandone il raffinato estetismo. Le atmosfere sonore tracceranno geometrie rarefatte capaci di comporsi e scomporsi in un’essenzialità unica carica di struggente nostalgia.
Molteplici sono le suggestioni mitologiche che ricorrono nella poesia rilkiana Ma su tutte si impone Orfeo, il cui mito è centrale nei 55 Sonetti a Orfeo che Rilke stese nell’arco di tre settimane nel 1922, quattro anni prima della morte. Il mito orfico rappresenta la discesa nel dolore e la rinascita che ne consegue. Se «il lamento può divenire un inno», i sonetti rilkiani vogliono esaltare la funzione perenne della poesia: conservare la bellezza e celebrare la rigogliosa natura dei sensi rinati dalla sofferenza. Nel contesto orfico rilkiano la figura di Euridice assume rilevanza filosofica soprattutto per l’inversione che il poeta opera del mito. Inversione nella quale converge la sua concezione della natura come un Tutto nel quale è impossibile separare vita e morte, aldiquà e aldilà. Anche dalla morte rinasce l’esistenza in altra forma. Questo è l’elemento forse centrale della poetica rilkiana. Euridice non anela a tornare sulla terra, non ne ha alcuna nostalgia perché è di casa anche nell’aldilà, conquista una paradossale libertà, come metafora della singolarità femminile. Non per caso il tema della donna “votata” alla morte, che ne costituisce la ritorna in Alcesti (composto a Capri nel 1907) e nel lungo Requiem per la pittrice Paula Modersohn Becker (Parigi, 1908).